psicoterapia relazione intima sostegno 03 Gen 2019

BY: admin

Psicoterapia

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Molti pazienti che affrontano un percorso di psicoterapia manifestano delle difficoltà relazionali e, in particolare, dei conflitti nell’ambito dell’intimità.

C’è chi si trova a disagio nello sperimentare un rapporto intimo, di vicinanza, perché sente nel profondo di sé di essere inaccettabile, di avere qualcosa di sbagliato. Di non meritare accettazione, accoglienza.

In questo caso, un veicolo fondamentale dell’aiuto terapeutico è proprio la possibilità di sperimentare un rapporto intimo con il terapeuta, una relazione nella quale ci si rivela all’altro senza esserne giudicato.

In altri casi, invece, il timore di entrare in relazione con l’altro può dipende da esperienze traumatiche del passato, legate a vicende di sfruttamento o abbandono. Questi individui sfuggono al confronto perché hanno paura di entrare in uno schema già sperimentato, doloroso e mortificante. Anche per loro, un rapporto terapeutico intimo e generoso, che non deraglia dai suoi binari e non propone il disastroso finale previsto, funziona da esperienza emozionale correttiva. Fa sì che, in futuro, i rapporti non vengano visti secondo l’ottica distorta che li ha impediti in precedenza. Il terapeuta, perciò, si dedica a questo rapporto, stando attento a ogni sfumatura, ai comportamenti del paziente, anche per valutare come sta andando tra di loro.

L’importanza di sostenere l’altro

Uno degli “strumenti” fondamentali in questo rapporto è il sostegno positivo. Il paziente, di solito, a distanza di anni e anni dalle sedute, dopo aver concluso il suo percorso di psicoterapia non ricorda le interpretazioni del terapeuta o le lunghe (o brevi) spiegazioni. Ciò che rimane impresso sono le espressioni di sostegno positive. È importante che il terapeuta, come scrive Irvin Yalom nel libro “Il dono della terapia” possa esprimere pensieri e sentimenti positivi sul paziente in riferimento alle sue qualità che si tratti di abilità sociali, curiosità intellettuale o anche e soprattutto di tutte quelle caratteristiche che lo spingono a lavorare su sé stesso: l’impegno nel voler cambiare, la volontà di aprirsi nonostante le difficoltà, la decisione di rompere il ciclo di maltrattamenti e abusi più o meno sottili, per non dover passare il compito alla generazione successiva, a quei figli che “ereditano” schemi di comportamento e modelli di attaccamento, e sui quali tendono a riversarvi i problemi irrisolti e non affrontati.

Non c’è alcuna ragione per trattenersi dal commentare in senso positivo questi elementi. Anzi, esprimere un apprezzamento in modo aperto funziona da forte sostegno. Soprattutto quando il paziente compie un passo importante e coraggioso dal punto di vista del suo percorso terapeutico.

Lo psicoterapeuta, infatti, ha un enorme potere che gli deriva dall’essere messo al corrente – se la relazione è stata correttamente instaurata – di tutti gli avvenimenti, i pensieri e le fantasie più intime del paziente. Di conseguenza, il terapeuta spesso è anche l’unico ad assistere a grandi atti di coraggio da parte del paziente. Yalom esemplifica bene il tipo di supporto che il terapeuta esperto e consapevole può dare al suo paziente. Fa l’esempio di Michael, un suo paziente, che gli ha comunicato di aver chiuso la sua casella di fermoposta. Può apparire come qualcosa di scontato o banale, ma Yalom sa, in quanto terapeuta e confidente, che Michael ha usato quella casella negli anni per intrattenere una serie di relazioni extraconiugali, mantenendole clandestine. È stato il mezzo con il quale ha potuto portare avanti questo comportamento per tanto tempo. Chiuderla, dunque, significa fare un passo avanti nell’assumersi le proprie responsabilità, nel troncare con la vita precedente, fatta di tradimenti. È un gesto significativo, per il quale Michael merita una gratificazione, il riconoscimento dell’impegno profuso. Per questo, Yalom gli mostra la propria ammirazione.

Allo stesso modo, quando il paziente mostra un cedimento, il terapeuta è proteso a sostenerlo in modo genuino. Nel momento in cui Michael rivela di essere tormentato da pensieri e immagini ricorrenti sulla sua ultima amante, Yalom non lo giudica né lo rimprovera. Gli offre una visione alternativa in cui la sua debolezza, il possibile cedimento, viene riletto sotto una luce nuova. “È naturale che lei sia rivisitato da nostalgie. È inevitabile, fa parte della sua umanità” dice Yalom. Il paziente ribatte, criticando sé stesso, la fragilità che sente come una colpa.

Ma il terapeuta ribalta la prospettiva e, piuttosto, sottolinea l’importanza di non essere un uomo d’acciaio, un robot privo di ripensamenti. Quella che il paziente chiama debolezza è, in realtà, una parte integrante del suo essere umano, della sua sensibilità.

 

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