introversione estroversione introverso estroverso jung 19 Nov 2019

BY: admin

Psicologia

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“Sono una persona timida, piuttosto introversa”. Quante volte abbiamo ascoltato una frase del genere o siamo stati noi stessi a pronunciarla? Termini come “introverso” ed “estroverso” sono entrati da tempo nel linguaggio comune, nella cultura popolare, assumendo un’accezione distorta rispetto al loro significato originario.

Il primo a parlare di Introversione ed Estroversione, infatti, è lo psicanalista Carl Gustav Jung che nel 1921 pubblica il volume “I tipi psicologici” nel quale vengono descritti i tipi psicologici individuati dall’autore sulla base della sua esperienza e delle ricerche effettuate nel corso del tempo.

A differenza di quel che avviene oggi, Introverso ed Estroverso nel discorso di Jung non riguardano una valutazione della persona, non servono a esprimere un giudizio. Servono, piuttosto, a descrivere due modi diversi di relazionarsi con l’oggetto, cioè con il mondo esterno.

Secondo Jung, infatti, la sofferenza psicologica si manifesta in entrambi i tipi: sia nell’introverso, se non manifesta al suo interno un elemento di estroversione; sia nell’estroverso se non contiene almeno un elemento di introversione. A parer suo, l’introverso puro e l’estroverso puro non esistono. Se esistesse un individuo del genere, verrebbe chiusa in un “manicomio per lunatici”.

Scrive Jung: “Ci sono, anzitutto, due tipi di psicologia umana. La funzione principale dell’uno è il “sentire”, quella dell’altro il “pensare”. L’uno si immedesima nell’oggetto, l’altro vi pensa sopra. L’uno si adatta all’ambiente secondo l’emozione e solo successivamente riflette, l’altro si adatta tramite una preliminare comprensione secondo il pensiero.

Colui che si immedesima, esce in certo qual modo da sé stesso verso l’oggetto, l’altro si ritrae in certo qual modo dall’oggetto o si arresta di fronte a esso e ci pensa su. Il primo si chiama tipo “estroverso”, perché in un certo senso si volge all’esterno verso l’oggetto; il secondo si chiama tipo “introverso”, perché in un certo senso si distoglie dall’oggetto, si ritira in sé stesso e riflette sull’oggetto.”

Introversione: l’introverso è rivolto verso il proprio mondo interiore

Come viene definito il tipo introverso? Si tratta, in buona sostanza, di chi trova soddisfazione alla propria vita facendo riferimento a elementi del proprio mondo interiore. L’introverso ha la tendenza a tenersi distante dal mondo esterno perché le sue energie si concentrano sulla dimensione interiore e individuale.

La sua elaborazione è molto profonda, si sente a proprio agio più con pensieri ed emozioni che con i fatti. L’introverso manifesta la tendenza a essere riflessivo, riservato ed empatico, ama la solitudine, ha un atteggiamento spesso schivo e solitario. Ciò non significa che si isola, ma comunque di solito ha un ristretto numero di amici e interazioni sociali meno frequenti.

L’introverso puro può avere dentro di sé pensieri molto complessi e profondi, ma non è in grado di esprimerli, di portarli all’esterno. Egli, in un certo senso, muore in sé e quei complessi sistemi che ha elaborato nel proprio mondo interiore tendono ad allontanarsi dalla realtà condivisa, perdendo ogni appiglio con il mondo reale.

L’introverso è in grado di produrre grandi opere del pensiero, questo tipo di personalità si associa a figure come quelle dei grandi romanzieri del passato, scienziati, filosofi.

Ma è sempre necessario un elemento di estroversione perché la grande capacità insita nell’introverso possa fiorire, trovare un mezzo di espressione.

Estroversione: l’estroverso si rivolge verso l’esterno

A differenza dell’introverso, il tipo estroverso trova soddisfazione e pienezza essenzialmente in fattori esterni. Egli è rivolto verso l’ambiente, lo osserva e si adatta a esso. È più attratto dai fatti, dalle persone, le sue energie vanno in direzione esterna, non interna.

Questo tipo psicologico ha grandi capacità comunicative ed è completamente proiettato verso il mondo esterno. Ma, quando si parla del tipo puro, che rappresenta una deriva estrema, questa capacità comunicativa è fine a sé stessa poiché non presenta alcun tipo di contenuto. Non c’è niente da esprimere.

Il giusto equilibrio tra estroversione e introversione

Per una vita sana, è necessario trovare il giusto compromesso tra introversione ed estroversione. Deve esserci un equilibrio tra i due elementi. Uno sbilanciamento in un verso o nell’altro può provocare molta sofferenza psicologica.

Ma è possibile fare anche un’altra osservazione, seguendo il ragionamento di Jung.

Lo psicanalista, infatti, nota che nel corso della vita di chi sperimenta una prevalenza dell’introversione o dell’estroversione si verifica un fenomeno noto con il nome di Enantiodromia.

È un termine che deriva dal greco e significa letteralmente “corsa nell’opposto”. In poche parole, chi vive gran parte della propria esistenza da introverso o da estroverso si trova, a un certo punto, a mutare completamente, balzando verso il tipo opposto. Un esempio storico potrebbe essere la figura di San Paolo, prima persecutore dei cristiani, poi devoto apostolo disposto anche al martirio.

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