coronavirus isolamento conseguenze psicologiche psicoterapia a distanza online 23 Mar 2020

BY: admin

Psicoterapia

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Le conseguenze psicologiche del Coronavirus

La situazione di emergenza che stiamo vivendo rispetto al coronavirus rappresenta un vero e proprio trauma psicologico su larga scala, esteso a tutta la popolazione.

Il trauma viene definito come un evento che ha caratteristiche tali da interrompere la continuità normalmente avvertita da un soggetto. Un evento traumatico è qualcosa che produce un’esperienza critica, che va oltre l’ambito delle esperienze che il soggetto potrebbe prevedere e quindi gestire, collegato a uno stress di gravità estrema. Riprendendo la teoria elaborata da Pierre Janet, il trauma psicologico è un evento talmente dirompente che non risulta integrabile nel sistema psichico pregresso della persona, tale da minacciare la coesione mentale dell’individuo e di metterlo a rischio di sviluppare una dissociazione.

Considerando questa definizione di trauma e tutti gli elementi a cui fa riferimento, è evidente che il particolare momento che stiamo attraversando ha tutte le caratteristiche per essere definito come trauma. La pandemia di coronavirus e i provvedimenti messi in atto per fronteggiare il contagio cambiano completamente la nostra routine giornaliera, sconvolgono in modo profondo le nostre abitudini, i nostri schemi di comportamento consueti.

Inoltre, si presenta anche una caratteristica di minaccia, di situazione vissuta con timore e angoscia legati all’idea di malattia, di precarietà della nostra esistenza, di morte.

L’evento di cui stiamo facendo esperienza risulta difficile da collocare. Le nostre generazioni non hanno mai assistito a un fenomeno simile e per questo non sanno collocarlo in uno spazio mentale preciso.

La routine sconvolta ai tempi del Coronavirus

Per poter far fronte al contagio, ormai da giorni il Governo ha emanato il provvedimento che va sotto il nome di #iostoacasa. Spostamenti limitati al minimo indispensabile, soltanto per necessità, motivi lavorativi o di salute. Scuole e università chiuse fino a nuovo ordine, con uso della didattica a distanza e sedute di laurea tenute via webcam. Ogni luogo di ritrovo chiuso, dai cinema ai teatri, dai locali ai bar. Sono restrizioni giuste, concepite per evitare il più possibile contatti tra le persone e quindi una diffusione incontrollata del virus.

Ma tutto questo ha pesanti conseguenze sul nostro stile di vita, sulla normale routine delle nostre giornate e, di conseguenza, ha un’incidenza sugli assetti relazionali e identitari.

L’isolamento forzato e il distacco dalle figure di riferimento

Innanzitutto, siamo costretti a vivere un isolamento forzato, imposto per ragioni di necessità che incide pesantemente sul nostro vissuto emotivo e psicologico.

I casi sono diversi.

Per chi non vive in famiglia, ma magari abita in un appartamento da solo, la limitazione dei contatti e delle uscite si traduce in un isolamento totale, fonte di profonda sofferenza perché non è possibile in alcun modo mitigare la propria solitudine, non si possono ricevere visite, non si può organizzare un’uscita con gli amici. Ci si sente tagliati fuori da una rete di relazioni che è fondamentale per ogni essere umano. Si è deprivati di ogni occasione di svago e piacevolezza.

Ma anche se non si vive da soli, l’impossibilità di uscire comporta spesso un distacco dalle figure di riferimento, dagli affetti più cari, da coloro che danno più conforto nei momenti di difficoltà come quello che stiamo attraversando. Figli adulti che non possono vedere i propri genitori, magari anziani, per timore di esporli maggiormente al contagio, trattandosi di persone più fragili. Nipoti che non possono vedere i nonni o che devono salutarli a debita distanza, senza poter ricevere una carezza o un abbraccio. Fidanzati che non hanno la possibilità di trascorrere del tempo insieme, di vedersi, di condividere un momento di tranquillità.

Il nostro equilibrio emotivo si basa anche sulla possibilità di scambiare una relazione con persone emotivamente significative. Si tratta di individui che vengono investiti di profondi sentimenti e oggetto di processi mentali. Quando questa funzione viene meno, è possibile che si vada incontro a gravi sbalzi d’umore.

La convivenza forzata: una trappola per le coppie in crisi

Sul fronte opposto si colloca un altro problema: quello della convivenza forzata in situazioni conflittuali, tra membri di una coppia in crisi. Persone che già erano sulla via della separazione o del divorzio si ritrovano a dover condividere gli spazi, a trascorrere molto più tempo insieme, a dover trovare un compromesso tra esigenze diverse e spesso inconciliabili. O magari si tratta di coppie che avevano trovato un loro equilibrio vivendo a distanza, vedendosi poco, perché entrambi lavoratori, sempre fuori casa.

Per questo tipo di situazioni, l’uscita serale con gli amici ma anche le ore trascorse sul posto di lavoro rappresentano un momento di stacco che consente di mantenere l’equilibrio psicologico. Non poter più avere queste occasioni di “fuga” può generare forte stress, scoppi di rabbia, somatizzazioni.

Scuole chiuse e figli a casa: Coronavirus e genitorialità

A tutte queste situazioni si somma anche la questione dell’organizzazione del rapporto genitori-figli. Con la chiusura delle scuole, la mancanza di attività pomeridiane extrascolastiche, dello sport, dei laboratori, di qualsiasi svago fuori dalle mura domestiche, il bambino rimane chiuso in casa con il genitore. È una situazione per molti del tutto nuova e non è detto che tutti i genitori si sentano in grado di gestire un figlio per 24h al giorno, 7 giorni su 7.

La nostra normale routine, infatti, prevede spesso di delegare la cura e la gestione dei bambini ad altri, mentre siamo impegnati a lavorare, a gestire la casa e tutto il resto. Ci si ritrova così di fronte a una situazione nuova, del tutto inaspettata.

Coronavirus e lavoro

Un altro importante cambio relazionale e identitario è quello che investe la sfera lavorativa del singolo individuo. Tante attività sono costrette ad abbassare la serranda e chiudere, molti liberi professionisti vedono diminuire a vista d’occhio i clienti, le aziende fanno fatica a sostenere l’urto.

All’improvviso c’è chi si ritrova a non avere più un impiego o una fonte di reddito con cui mantenersi e non sa quando questa situazione avrà una fine.

Naturalmente, questo causa fortissime preoccupazioni per la propria sopravvivenza, per la questione economica connessa al lavoro e alla possibilità di mantenere sé stessi e la propria famiglia.

Ma ci si confronta anche con una perdita identitaria: io individuo sono abituato a svolgere quella mansione, in parte la mia identità coincide con il ruolo che svolgo e quando anche questa certezza crolla, si può andare incontro a pensati ripercussioni psicologiche, fino ad arrivare ai disturbi dell’umore e alla depressione.

Tutte queste situazioni determinano un circolo vizioso.

I problemi psicologici derivati dall’isolamento e dallo stress che comporta affrontare una simile situazione, così come la depressione comportano un abbassamento delle difese immunitarie. Di fatto, la popolazione fa più fatica a contrastare il virus, siamo più deboli nella battaglia biologica in cui siamo tutti coinvolti.

Paura del contagio e angoscia per la morte

Nell’ambito delle questioni da affrontare rientra anche la naturale emozione che tutti, chi più chi meno, proviamo: la paura. La paura, come sappiamo, è un’emozione funzionale e adattiva, uno strumento che la natura e l’evoluzione ci hanno dato per favorire la sopravvivenza perché ci spinge a evitare i pericoli che possono mettere a rischio la nostra esistenza.

Una giusta dose di paura ci mette al sicuro.

È anche quella che ci induce a seguire in modo scrupoloso e attento le direttive date dal governo: lavarsi con cura le mani, starnutire e tossire nell’incavo del braccio o in un fazzoletto monouso, mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro, evitare posti affollati e assembramenti e così via.

Ma la paura è funzionale soltanto fino a certo grado di intensità. Quando è troppo forte può diventare del tutto irrazionale e sfociare in forme patologiche, in comportamenti nevrotici e in fobie. Si può arrivare persino a sviluppare dei disturbi ossessivo-compulsivi come lavarsi le mani troppo di frequente tanto da provocarsi delle dermatiti oppure rifiutare il cibo e avere paura a mangiare perché si ritiene che gli alimenti siano contaminati.

Ma all’interno della situazione determinata dal coronavirus ci si confronta anche con una forte componente di angoscia. Un’emozione che si distingue in modo netto dalla paura. Infatti, mentre la paura è riferita sempre a qualcosa che si può in qualche modo evitare, prevenire, scansare, l’angoscia riguarda i problemi dell’esistenza. La diffusione del virus, le notizie sui contagi, sui morti, sui malati ricoverati in terapia intensiva, attaccati a un respiratore a combattere per sopravvivere ci mettono in contatto con l’angoscia relativa alla fragilità umana, con il tema della malattia e il tema della morte.

Come è possibile reagire a tutto questo? Come cercare di stare bene?

La crisi da Coronavirus: come fronteggiarla e cercare di stare meglio

Dal nostro punto di vista, dopo un’analisi attenta della situazione, esistono tre diversi livelli su cui poter agire per trovare sollievo e cercare di ritrovare un benessere psicologico messo in crisi da quello che ci accade intorno.

Portare a valore le opportunità nella crisi

Innanzitutto, è necessario portare a valore le opportunità insite nella crisi, nel momento di difficoltà. Per sostenere il nostro umore e la nostra salute mentale, superando la sofferenza e lo stress, è necessario saper cogliere gli aspetti positivi insiti in questa situazione. Rovesciare la prospettiva e guardare le cose da un altro punto di vista.

La rottura della routine quotidiana ci destabilizza, toglie quei punti fermi intorno ai quali abbiamo costruito la nostra vita. Ma uscire dallo schema impostato, dalle abitudini che si ripetono giorno dopo giorno rappresenta anche uno stimolo per la nostra mente. È qualcosa che ci permette di trovare nuovi modi di concepire il nostro tempo e il modo in cui gestiamo le risorse mentali e fisiche a nostra disposizione. Ci spinge a reinventarci, a mettere in moto la creatività, a trovare nuovi modi in cui incanalare le nostre energie.

Così, l’isolamento forzato causato dal coronavirus diviene un’opportunità per ampliare e potenziare le nostre competenze, magari scoprendo tutti quegli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia per tenersi in contatto, per sentire vicine le persone lontane, per mandare avanti le proprie attività. L’isolamento apre una nuova finestra sul tempo, ci dà lo sprone a fare quella telefonata che rimandiamo da chissà quanto, per recuperare rapporti che non abbiamo avuto modo di coltivare in passato, per ricucire legami e tenere insieme la nostra rete sociale. Facebook, Instagram, le chat, le videoconferenze su Skype, le telefonate che ci fanno sentire la voce dell’altro, che ci consentono di parlare sono tutti modi per stare davvero connessi, per stringersi in un momento in cui tutti potremmo sentirci molto soli, tristi, depressi, ansiosi, in preda allo sconforto.

Pensando alle coppie in crisi, invece, questo momento è un’opportunità per uscire da una fase di stallo. I partner che attraversano una fase problematica della loro relazione, ormai fossilizzata o paralizzata su un assetto patologico, hanno la possibilità di confrontarsi con il problema. Questo può consentire loro di arrivare a recuperare una relazione più sana oppure a decidere eventualmente di separarsi per il bene di entrambi.

I genitori che non hanno mai avuto tempo da trascorrere con i propri bambini, per coltivare la relazione con i figli e comprenderla in modo profondo, adesso possono confrontarsi in modo diretto con il loro ruolo.

Nel campo del lavoro, la crisi vista dalla prospettiva positiva è l’opportunità di ripartire, scoprire nuovi interessi, reinventarsi, mettere in campo la creatività per adattarsi ai cambiamenti. A volte per noi il loro è una maschera, intesa in senso junghiamo. Secondo Jung, infatti, la maschera non è un elemento falso, ma qualcosa di autentico e vitale che, in alcune situazioni, può diventare ipertrofico, mettendo in ombra altri aspetti della nostra personalità. La crisi che mette in stand by il lavoro ci consente di scoprire nuove parti di noi stessi.

L’angoscia, invece, può aiutarci a entrare in contatto con aspetti più profondi di noi stessi e della nostra vita, spingendoci verso l’esistenziale e lo spirituale.

In questo momento così complesso per tutti, la crisi ci permette anche di riscoprire il valore della comunità e del senso di appartenenza a qualcosa che trascende la nostra individualità. Di fronte a una situazione come questa, capiamo il ruolo fondamentale delle relazioni. La crisi ci fa capire una verità profonda: non possiamo risolvere il problema da soli, chiusi in un egoismo individualistico.

Per stare bene io devo aiutare a stare bene anche gli altri.

In questo momento sarebbe molto utile non soltanto fare attenzione al proprio umore, ai sentimenti che si provano ma anche monitorare gli altri, soprattutto i soggetti più fragili. Una situazione come questa rischia di far aumentare l’incidenza di disturbi dell’umore importanti e depressioni ed è bene che tutti prestiamo attenzione ai segnali manifestati dalle persone che abbiamo intorno, dai nostri cari e da chi conosciamo. Se una persona piange molto spesso, chiude i contatti, vive la propria giornata con un sentimento di tristezza pervasivo, presenta sonno disturbato e pensieri catastrofici, ci si trova di fronte a una serie di sintomi depressivi. Quando ci si accorge di questo, è bene intervenire, avvertire il medico di base o rivolgersi a un terapeuta perché possa dare supporto.

Praticare la meditazione

Un suggerimento utile per stabilizzare l’umore e ritrovare l’equilibrio è quello di provare a praticare la meditazione. Per chi non la conosce e non ha mai fatto un tentativo, questo è un buon momento per avviarsi a questa pratica poiché la meditazione consente di ottenere grandi benefici: elimina lo stress, riduce ansia e angoscia, aumenta le difese immunitarie. Il centro di psicologia e psicoterapia la Fenice consiglia il libro “Qui e ora. Stategie quotidiane di Mindfullness” che spiega tecniche e pratiche che possono essere apprese e utilizzate nell’immediato.

Seguire un percorso di psicoterapia a distanza

Il terzo modo per intervenire sul disagio psicologico causato dal coronavirus è la psicoterapia online o psicoterapia a distanza. La tecnologia mette a disposizione numerosi strumenti per intraprendere un percorso di psicoterapia anche senza dover andare nello studio del terapeuta, off limits per ovvi motivi. Il terapeuta può dare un grandissimo sostegno perché è in grado di mettere in atto tecnico e pratiche che agiscono in modo positivo sugli sbalzi d’umore, di diminuire ansia e angoscia e di superare le fobie.

Questo per quel che riguarda un intervento immediato, che lavora sul disagio di base e consente di contenere e alleviare i disturbi.

Ma c’è anche un livello di intervento più profondo, a cui si può avere accesso proprio in un momento come questo. Usiamo una metafora: pensiamo alla personalità di ciascuno come a una lunga catena. Nei momenti di forte stress, tensione, ogni catena si spezza nel suo anello più debole. Quell’anello rappresenta le ferite della mente, i vissuti rimossi, le sofferenze nascoste che in una situazione normale non emergerebbero, ma rimarrebbero sopite, sottratte allo sguardo. La crisi porta alla luce cose rimaste sepolte da tempo, latenti. Questo, dunque, può essere un momento privilegiato per mettersi in contatto con traumi rimossi. La terapia può avere uno scatto in avanti, un’evoluzione estremamente positiva.

I terapeuti del Centro di psicologia e psicoterapia La Fenice, in questo momento di crisi, continuano a lavorare, con sedute di psicoterapia online a distanza, tramite Skype e Whatsapp. E’ possibile prendere appuntamento con un terapeuta contattando il numero  342 006 5961.

Vi siamo vicini, anche da lontano.

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